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Il 9 ottobre 1963 avvenne la strage del Vajont, che andrebbe ricordata in tutte le scuole per la sua drammaticità e per il coinvolgimento delle massime autorità dello Stato.

Non fu un incidente, ma il risultato di un mix di presunzione, arroganza, ignoranza, pessima politica e soprattutto, come ci hanno insegnato altre stragi, interessi economici, che causarono la morte di 1910 persone.

Lo sforzo di ricordare è un dovere che riguarda tutti i territori, compreso il Biellese.

Infatti, poco più di due settimane fa c’è stato un altro anniversario, a noi molto vicino: quello del crollo del ponte della tangenziale sul torrente Cervo, in cui cedettero due campate del viadotto.

Era il 24 settembre 1993 e, fortunatamente, non ci furono vittime nè feriti. Non fu assolutamente un caso fortuito, ma il risultato della capacità del cantoniere Sante Geromel, che con grande esperienza, intuì sin dal mattino di quel giorno, del pericolo che incombeva. La sua caparbietà e la sua giusta convinzione lo portarono a recarsi più volte dai suoi dirigenti per sollecitarli a chiudere il transito, cercando di vincere il loro scetticismo. Non si diede pace e alla fine, si prese la responsabilità: chiuse lui il traffico mezz’ora prima del crollo, rischiando persino una denuncia dalle forze dell’ordine. Ricordo bene quel giorno, perchè mi recai anch’io sul posto.

Dietro al suo gesto che salvò la vita a molte persone, c’è la storia di un’opera che venne progettata male, costruita peggio e su cui si fecero speculazioni economiche che resero il crollo del 1993 un disastro annunciato.

Ci fu un processo, ma alla fine tutti gli imputati vennero assolti, come accade quasi sempre.

La storia si ripete, ma a volte un uomo può cambiare il corso degli eventi.

Se ogni tanto riuscissimo anche a ricordare e non far cadere tutto nell’oblio, persino nella nostra piccola comunità, scopriremmo che dietro a ruoli apparentemente semplici, in realtà esistono grandi uomini. Geromel è stato uno di questi.

Vittorio Barazzotto

Qualche giorno fa ci ha lasciato Dino Valerio, uno dei calciatori più significativi della Biellese nonché ex dipendente comunale che conobbi ancor prima di entrare a Palazzo Oropa.

Dino si occupava degli impianti sportivi e dello stadio cittadino in particolare. Forse anche per il suo passato da calciatore, aveva una dedizione straordinaria per la struttura, che curava come se fosse stata casa sua. Il rigore con cui esigeva che gli impianti fossero sempre perfetti lo rendeva talvolta duro, ma era la dimostrazione di quanto tenesse a far bene il suo lavoro.

Via via stiamo perdendo una generazione di dipendenti che erano espressione dell’ente che rappresentavano, partendo proprio dai ruoli più semplici e fondamentali per far funzionare l’apparato e accrescere la qualità dei servizi.

Negli anni successivi abbiamo assistito ad un profondo cambiamento, che ha indebolito la cultura del lavoro, non solo nel pubblico. Oggi questo attaccamento dobbiamo studiarlo, mentre una volta si apprendeva sul campo e Dino, ma insieme a lui, altre figure che nei vari settori della pubblica amministrazione ci hanno recentemente lasciati, dovrebbero doverosamente essere ricordati. La testimonianza, il senso del dovere, considerare il proprio lavoro come servizio pubblico sono valori che oggi facciamo fatica a tramandare, eppure rappresentano gli elementi essenziali su cui si misura di livello di civiltà, a partire da una piccola comunità sino ad arrivare allo Stato nel suo insieme.

Lo ricordo negli ultimi anni quando passeggiava con il suo cane, a cui aveva costruito un carrello perchè aveva perso la mobilità delle zampe posteriori. Infatti, dietro alla professionalità si celava un animo empatico e sensibile.

Vittorio Barazzotto

Se la scuola è un indicatore dello stato di salute della nostra società, non stiamo tanto bene. A Biella la situazione delle sedi non migliora; sembrava un disagio temporaneo, invece continuiamo ad avere aule provvisorie e sedi alternative tra istituti in ristrutturazione, scuole che si abbattono e altre faraoniche in arrivo.

Se pensiamo che la popolazione scolastica è destinata ad una progressiva decrescita, il proliferare di questi cantieri diventa paradossale.

Poi abbiamo la continua incertezza dei professori precari, nominati grazie ad un sistema ad algoritmi che causano rimbalzi nelle graduatorie generando sfiducia e discontinuità didattica. Nessuno, sindacati e ministero, sa dare spiegazioni convincenti e a ciò si aggiunga il fenomeno in crescita dei titoli acquisiti a tempi di record all’estero, soprattutto in Spagna, che ha fatto retrocedere nelle graduatorie insegnanti con anni di esperienza.

E’ un sistema che non valorizza un lavoro sempre più complesso; con lo sfaldamento di molte famiglie, il patto educativo non regge più, specialmente nelle scuole professionali. così i professori sono sempre di più in prima linea, soli, nella gestione del disagio di tanti studenti.

Nell’estate si è parlato tanto di Ius Scholae e, in più, le recenti olimpiadi ci hanno mostrato il lato migliore dell’integrazione nel nostro paese. Siamo tutti consapevoli che la scuola è il più importante collante sociale, dove si forma l’identità culturale di una nazione. È la scuola che può contrastare l’emarginazione, quindi la povertà e l’illegalità. Ed è per questo che ha bisogno di sostegno, anche a livello locale.

A Biella, con il problema dello spopolamento, specialmente giovanile, questo tema dovrebbe essere centrale. Le soluzioni ci sarebbero: creare un villaggio scolastico con collegamenti funzionanti, teatro, sport e musica. Invece, quando si libera un’area non vediamo altro che proposte di nuovi insediamenti commerciali.

Eppure anche i nostri avi imprenditori (gli eredi un po’ meno) ci tenevano alla scuola e avvertivano quello spirito di appartenenza, che poi, altro non è che amore per il territorio.

Vittorio Barazzotto

“Pensieri e parole” per un mese prenderà un congedo da voi. Mi è stato chiesto di candidarmi alle elezioni europee, impresa affascinante e impegnativa. Ho accettato con spirito di servizio, pensando a mio padre e soprattutto al suo maestro Giuseppe Pella, che fu un europeista convinto e che avviò la nostra Costituzione, tracciando un percorso che noi oggi dobbiamo completare. Mi candido per Stati Uniti d’Europa, il cui programma è racchiuso nel nome stesso della coalizione. Siamo in un momento cruciale, tra i più delicati dal dopo guerra. Il pericolo che il sogno dell’Europa si infranga contro i colossi cinesi e russi, ci deve dare il coraggio di ritrovare la forza nella coesione tra gli stati, tracciando obiettivi comuni.

La mia sarà una goccia in mezzo al mare, ma penso di non potermi sottrarre per portare una possibilità in più al nostro territorio di essere rappresentato come merita.

Vittorio Barazzotto

Nella 79° ricorrenza della liberazione, nel suo discorso il sindaco Corradino ha ricordato ad una platea di persone, tra cui non si sono visti gli esponenti di Fratelli d’Italia, (suoi non tanto fedeli,  alleati) che non va data per scontata la libertà. Giustissimo.

L’assenza di FdI dimostra quanto questa ricorrenza non rappresenti ancora un bagaglio comune di valori entro cui tutti, invece, ci dovremmo riconoscere, come insegna ad esempio la Francia. Il valore della libertà, in un Paese sano, non può mai essere di intralcio alla possibilità di mantenere un pluralismo di opinioni e ogni schieramento politico dovrebbe fare pace con la propria storia, per poter guardare avanti.

La politica, però, fatica a volgere lo sguardo al futuro e preferisce rispolverare ideologie anacronistiche, come l’autarchia o le classi solo con italiani veri, per darsi un’identità e creare valori ormai svuotati di contenuti.

Se ci soffermassimo a leggere, sulle lapidi presenti in tanti cimiteri, chiese o piazze, i nomi dei caduti per la nostra libertà ci ricorderemmo quanto ci sia costata questa condizione, che oggi qualche politico si permette addirittura di snobbare.

Chi rivendica la libertà di non sentirsi rappresentato da questa ricorrenza per le vendette e i soprusi commessi anche dai vincitori, dimentica che la Festa della Liberazione è lo spartiacque, dal quale non si deve prescindere, tra la tirannia di una dittatura e la democrazia che ci consente oggi di negare anche le evidenze storiche.

Libertà, pace, democrazia erano i concetti che trasversalmente univano assieme liberali e comunisti, monarchici e repubblicani, cattolici e socialisti e anche noi oggi dobbiamo convergere sulla difesa di questi principi.

Se non siamo concordi su questa necessità, lasceremo spazio alla tagliola dei comodi vuoti di memoria che, silenziosamente, impoverisce i nostri diritti e ci impedisce di progredire.

Vittorio Barazzotto

Tra le cose che non sappiamo dei programmi elettorali dei partiti locali spicca la posizione sull’istanza di richiesta di costruzione di un inceneritore a Cavaglià.

Dai giornali sappiamo che è in corso l’istruttoria che deciderà se l’impianto si potrà costruire o meno e che si compatta il fronte dei NO.

Gli elementi di contrarietà riguardano, tra gli altri, anche le opere di compensazione, ovvero i benefit che il territorio potrà avere nell’ipotesi in cui l’impianto dovesse essere costruito.

Sono tanti i sindaci, tra biellese e vercellese, che hanno espresso chiaramente la loro contrarietà.

Noi cittadini, però, vorremmo sapere quale strategia sta mettendo in atto la politica: la contrarietà a prescindere, può contribuire a motivare il diniego all’autorizzazione dentro i termini di legge? Noi cittadini ovviamente non possiamo saperlo, ma i nostri politici e futuri candidati dovrebbero avere le idee più chiare e dovrebbero esporle.

Quello che non vorremmo mai è assistere alla sua costruzione, senza che la politica si sia spesa per chiedere in cambio opere di compensazione adeguate e urgenti, magari per dare la svolta al nostro territorio in termini di viabilità o collegamenti veloci.

Nel termovalorizzatore che potrebbe essere costruito, oltre ai rifiuti provenienti da chissà dove, potremmo vedere inceneriti anche le speranze per il biellese.

Vittorio Barazzotto