Referendum per l’abolizione della caccia

Si torna a parlare di caccia e di un nuovo referendum. In questi giorni nei comuni si raccolgono le firme per promuovere un’iniziativa che si pone l’ambizioso traguardo di abolire l’attività venatoria.

Nel biellese Alberto Scicolone, da sempre attivo per il sostegno degli animali, sta promuovendo la proposta, poco pubblicizzata sui mezzi di informazione.

Abolire del tutto la caccia appare (purtroppo) ancora un’utopia, soprattutto in ragione degli squilibri creati dall’attività venatoria che, negli anni, ha favorito il proliferare di specie in esubero e nocive. Si pensi ai danni provocati all’agricoltura dai cinghiali, introdotti  nel biellese negli anni ottanta dai cacciatori stessi,  che ancora oggi rivendicano il proprio ruolo sociale per gli abbattimenti degli animali da loro voluti.

L’attività venatoria è da sempre un tema divisivo che resiste grazie alla compiacenza delle forze politiche, propense sempre a sostenere i cacciatori che, nonostante in Piemonte negli ultimi 10 anni si siano ridotti di oltre il 30%, rappresentano ancora un bacino elettorale importante.

L’accresciuta sensibilità ambientale, favorita dalle conseguenze del dilagare di un virus di origine animale, dovrebbe imporre invece alle forze politiche un ripensamento delle priorità e delle cause da sostenere.

Purtroppo senza un intervento strutturato e programmato da parte delle politica, l’ambizioso e meritevole referendum proposto potrebbe avere la forza di una bolla di sapone. Basti ricordare la battaglia giudiziaria che si concluse col  colpo di mano nel maggio  del 2012 di  Cota in Regione Piemonte. Abrogando la legge regionale sulla caccia, fece decadere il referendum popolare che avrebbe dovuto tenersi nel giugno di quell’anno, per poi introdurre subito dopo la legge nazionale per colmare il vuoto legislativo,  assai più permissiva di quella precedente, beffando così i comitati e i cittadini che si erano spesi per l’iniziativa.

Un referendum però potrebbe servire per contare le persone che sono contrarie alla caccia, per dare loro un peso al fine di manifestare alla politica l’urgenza di ridimensionare e ridurre il più possibile un’attività ormai barbara e anacronistica.

Vittorio Barazzotto