Federico Mainardi, classe 1994, dopo il diploma al liceo scientifico di Biella, si laurea alla Bocconi con il massimo dei voti e successivamente è ammesso alla Booth School of Business dell’Università di Chicago, per un dottorato tra i più prestigiosi al mondo in campo finanziario. Gli studenti ammessi al suo corso sono solo 5, seguiti a loro volta da un pool ristretto di docenti. Tra questi, Federico è affiancato da Lars Peter Hansen, premio Nobel per l’Economia nel 2013. Il lavoro di dottorato, che prevede anche attività di docenza a manager affermati, è verificato dall’analisi periodica dei risultati della ricerca.
Il contesto, accademico e non solo, è reso stimolante dalle innovazioni, dagli scambi professionali e dalla diffusione di una cultura economica che non è confinata solo all’interno del campus. Non è raro, infatti, scambiare opinioni di finanza con qualche taxista di Chicago, a dimostrazione dell’effetto portato nella società civile da un’università trainante nel settore.
Al termine del percorso di studi, che dovrebbe durare ancora un paio d’anni, le prospettive sono la carriera universitaria, dove i docenti sono lautamente pagati, o l ’approdo nel privato che, grazie al prestigio del titolo, potrebbe indirizzarlo alle più importanti società americane.
Il tratto distintivo del mondo statunitense , che lo rende distante dal sistema italiano, è la meritocrazia. Le raccomandazioni sono diffuse anche negli USA, ma non hanno la stessa accezione che noi conosciamo; sono referenze, cioè lettere di presentazione in cui vengono indicate le caratteristiche di un certo candidato. Una lettera di referenze deve essere necessariamente attendibile, altrimenti chi l’ha scritta perderebbe credibilità e prestigio.
L’Università americana costa parecchio, un anno di dottorato potrebbe richiedere 80.000 euro, tuttavia, molti corsi sono sostenuti da società private, o nel caso di Federico, direttamente dall’università. Un ragazzo che svolge un dottorato viene coperto dall’onere dei costi, non solo, ma anche stipendiato, avendo così la serenità di studiare per perfezionarsi.
Le possibilità di far ritornare Federico in patria sono, ahimè, molto scarse, perché gli scenari che presto gli si apriranno sarebbero impensabili nel nostro Paese. Se però provassimo anche in Italia a cambiare completamente il sistema, (ad es. detassando i mecenati ) forse non parleremmo più di fuga di cervelli.
Vittorio Barazzotto