A Biella è difficile socializzare e forse non è un caso se sul nostro stemma, dietro all’orso, c’è un faggio che simboleggia la propensione per la vita ritirata.
Il post Covid e l’avanzare dell’età media hanno peggiorato questa naturale inclinazione. Pochi giorni fa l’ASL di Biella ha lanciato un allarme sulla solitudine che affligge molti anziani. Nel periodo del Covid quasi tutti i centri aggregativi sono stati chiusi ed ora la loro mancanza pesa sul benessere di molte persone, sempre più inghiottite nelle spire della depressione.
Che il biellese non sia un posto per vecchi, è confermato anche dai dati che annualmente diffonde il Sole24Ore, che colloca Biella tra le province peggiori (98° posto) per la qualità di vita degli anziani.
La depressione è allarmante e, quando riguarda una categoria di individui, segnala un fallimento delle istituzioni, incapaci di comprendere le esigenze della parte preponderante della popolazione residente.
La rivista britannica The Guardian ogni settimana pubblica una rubrica “A new start after 60”, che raccoglie le tantissime storie di rinascita, di speranza e di forza di persone che hanno superato i 60, 70 e 80 anni e che dimostra la forza vitale di questa fascia d’età, sempre più ampia. Il Corriere della Sera ha pubblicato qualche giorno fa la storia di due signore statunitensi di 81 anni che hanno fatto il giro del mondo a piedi in 80 giorni, coronando un sogno che tenevano nel cassetto da molto tempo. L’auspicio per tutti di vivere il più a lungo possibile deve essere accompagnato da un miglioramento della qualità di vita, perché, come diceva Rita Levi Montalcini, è più importante aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita.
Vittorio Barazzotto