Un caffè, per favore

Un gesto semplice insegna più di tante parole. In settimana entro in un bar in città , un locale pulito e curato. Dietro al bancone vedo un signore che sembrava non entusiasta di stare lì. Non ricambia il mio saluto e alla mia richiesta “un caffè per favore” lo prepara in modo sbrigativo, sicuramente non da manuale. Dandomi le spalle riprende il suo lavoro, che a causa mia aveva interrotto e continua a sistemare qualche tazzina. Il rubinetto del lavandino, nei 7/8 minuti in cui sono stato lì, è sempre rimasto aperto, nonostante l’acqua tracimasse dal lavello. Quale fosse il motivo dello spreco non è chiaro. Ho chiesto quanto dovevo: 1,20 euro e per agevolare  ho dato 2,20, e attendo con calma il resto. Cercando tra le monetine il titolare mi mette sul bancone il mio euro di resto mentre viene chiamato da una collaboratrice a recarsi nella stanza adiacente. Lo scontrino e i saluti non si sono visti nè sentiti.
In pochi minuti  ho vissuto tutto quello che non si deve fare, che si potrebbe racchiudere in uno spot di 30 secondi. Scortesia, spreco d’acqua ed evasione fiscale. Ricordo Ruozi, ex presidente del Touring Club, che in una serata di tanti anni fa nel corso di un suo intervento disse: “attenzione, possiamo fare tutti i convegni e la formazione possibile, ma la promozione turistica è fatta dagli indigeni e senza una vocazione verso l’accoglienza si costruisce poco”. Noi abbiamo ancora tanto da fare. Dimenticavo, il caffè non era nemmeno buono

Vittorio Barazzotto